Nata intorno al 1900 a.C. la torta al testo deve il suo nome originale alle particolari tegole di terracotta (chiamate “testum” in latino) su cui si era soliti cuocere pani e focacce fin dai tempi dei romani. In seguito il testum ha assunto una forma rotonda e prende il nome di panaro.
Il panaro, anticamente un disco fatto con scaglie di ghiaia di fiume impastate con argilla, veniva riscaldato su un focolare ed usato direttamente come piano cottura per la torta. In epoca recente il panaro in pietra è stato sostituito con un disco di lamiera piuttosto spessa con manico e treppiede, ma ancora oggi in molte case eugubine si continua ad usare il panaro ottenuto però da un impasto di cemento e “pietra serena” macinata.
La crescia, piatto povero per eccellenza, veniva preparata in occasione delle giornate di lavoro nei campi, quando occorreva saziare grandi appetiti ma bisognava risparmiare sul più prezioso pane.
La crescia sul panaro si chiamava mefa al tempo degli Umbri e poteva essere condita (come oggi) con i formaggi freschi, le verdure di campo, le carni nostrane, gli affettati, e… accompagata da un buon bicchiere di vino.
una tradizione, un valore, una genuinità